Formazione

Ivan Illich, l’eretico sano

Un ricordo del grande pensatore. "La grande colpa della modernità è quella di aver istituzionalizzato il prossimo".

di Gino Girolomoni

Il 2 dicembre a Brema, in Germania, è morto Ivan Illich. Aveva 76 anni ed era nato a Vienna il 4 settembre 1926 da madre ebrea sefardita e da padre cattolico nato in Dalmazia. Espulso dall?Austria nel 1941 si trasferì a Firenze dove 10 anni dopo si laureò in teologia e filosofia e venne consacrato sacerdote.
Avviato alla carriera diplomatica in Vaticano, sceglie invece di fare il parroco nella chiesa dell?Incarnazione a Manhattan, che era inizialmente una parrocchia irlandese diventata a maggioranza portoricana. Abilissimo e colto pedagogo, mette a fuoco in quel periodo i problemi culturali e sociali relativi all?integrazione degli immigrati. Nel 56, anche in seguito a questi successi, viene inviato dalla Compagnia di Gesù, cui appartiene, presso l?università di Porto Rico di cui diventa pro Rettore.

«Non fate questo!»
Nel 1960 si ribella al suo vescovo che ordina di non votare un governatore favorevole al controllo delle nascite. è vero che Ivan come prete aveva fatto il voto di obbedienza, ma è anche vero che a uomini come lui nessuno, mai, riuscirà a far fare qualcosa di cui non sia convinto.(A parte l?obbedienza, gli altri due voti, castità e povertà,credo li abbia sempre rispettati).
Decide di lasciare Porto Rico per meditare il suo futuro, ha 34 anni e per un anno decide di percorrere soprattutto a piedi l?America Latina per finire poi nel Sahara dai Piccoli Fratelli di Charles de Foucauld dove in quel periodo c?era un aspirante monaco che mi raccontò del suo arrivo: fratel Carlo Carretto.
Ecco cosa mi disse il venerabile di Spello: «è stato con noi alcuni mesi, penso si volesse nascondere dal mondo. Poi chiese di entrare nel nostro ordine, ma il superiore non lo accettò perché lo riteneva più utile al mondo che al deserto».
Fu certamente profetico quel rifiuto. Lo ricordo l?estate 2001 a San Rossore al Glocal forum convocato da Martini in preparazione del G8 di Genova. Ecco una parte del suo intervento. «L?uomo è nato bisognoso, i vecchi come me sono dei bisognosi, il mondo è un mondo pieno di bisognosi. Da dove viene l?idea che ogni uomo è il nostro prossimo? La domanda vera è ?chi è il mio prossimo??. Noi invece il prossimo lo abbiamo istituzionalizzato e ci siamo dimenticato di babbo, mamma, fratello. Giannozzo perché mi hai portato qui? Cosa può ricavare un servitore pubblico da quello che dico io? Il servitore pubblico dovrebbe rileggere Gandhi e praticare la resistenza passiva, ritardare gli ordini di Bruxelles, i brevetti dei semi e di tutte le forme di vita. Oggi dobbiamo resistere a Prodi (chissà se la signora Flavia glielo ha riferito, essendo seduta proprio davanti a lui, ndr). San Giovanni Crisostomo gridò ai vescovi : ?Non fate questo!?. La Chiesa ha istituzionalizzato la carità e non possiamo non riflettere da dove venga il concetto di globale: viene da ecumenico, kazolikos, universale, prima dell?economia e del mercato l?ha inventato la Chiesa. Bisogna rifiutarsi, disobbedire alle istituzioni che ci dicono come fare i bagni, le case, le scuole, come curarci».
Ci siamo salutati lì, fugacemente, doveva ritirarsi per prendere i calmanti per la malattia che da quindici anni gli devastava una delle facce più belle del pianeta. Ho il rimpianto di non aver fatto in tempo a ricevere le risposte alle domande su Dio che gli avevo posto.

Il medico come nemico
A Bologna, il 24 ottobre 1998, nell?aula magna dell?università dove gli conferirono il Sigillum Magnum, Ivan fece un intervento sul tema: ?Non indurci in tentazione della diagnosi, e liberaci dalla ricerca della salute?. Ecco un brano di uno dei suoi shock creativi: «Nel 1974 con Nemesi Medica (pubblicato da Mondadori nel 1977, ndr) volevo analizzare la liturgia sociale che ha creato il mito della salute, dove affermavo che la struttura medica è il maggior nemico della salute. Allora un?affermazione simile riusciva ancora a provocare stupore e rabbia. Oggi dopo vent?anni non direi più così perché la situazione è ancora peggiore in quanto il medico ha perduto il governo dello stato biologico. Egli tutt?al più coagula l?insieme del complesso tecnico scientifico industriale che pretende di migliorare la salute.Oggi direi così: ?La ricerca della salute e della sanità è l?elemento patogeno predominante?».

In dieci lingue
Quando lo incontrai la prima volta il 2 marzo 1980 a Rimini, gli parlai della scuola autogestita che volevo fare a Montebello. Mi disse di desistere dall?intenzione perché non c?era bisogno di alcuna istituzione scolastica in quanto i bambini sono oggi in grado di imparare da soli. Lo ascoltai e Samuele anziché andare a scuola a settembre cominciò a dicembre. Ispirato da Ivan avevo scelto di farlo diventare per lo Stato analfabeta, perché così abbiamo definito i bravi agricoltori, panettieri, calzolai, capomastri di un tempo. Poi mi arresi al mondo, ma ancora non ci conoscevamo bene e non avevo potuto dire a Ivan che lo scopo principale della mia scuola sarebbe stato, oltre a imparare a leggere e scrivere e le lingue e i mestieri, imparare a conoscere Dio.
Con i suoi libri, con le sue centinaia di incontri in tutto il mondo, grazie alle dieci lingue possedute, Illich ha profetizzato che con l?istruzione da catena di montaggio abbiamo costruito città come solo un demente poteva immaginare, la sanità come una camicia di forza che ci ha privati del nascere e del morire (e del vivere bene).
Alla Fiera delle utopie concrete, a Città di Castello, disse: «Con il computer ci troviamo di fronte a una nuova dimensione del male, perché abbiamo la sensazione di scegliere tra varie alternative che invece ci sono date a priori, limitate e uguali per tutti e di fatto ci tolgono il confronto e la conversazione. Invece l?origine della cultura occidentale sta nella fede, nelle piccole intime comunità dei primi cristiani. Da qui ci deriva una grande capacità espansiva del cuore, degli sguardi, della comprensione. Dobbiamo recuperare i sensi perduti».
Prima è sparito Lanza del Vasto, poi Alex Langer, poi Sergio Quinzio, adesso Ivan e io mi sento sempre più solo in un mondo che capisco sempre meno.

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